“Mi chiamo Mark Rosario”: Il video che smonta la difesa e l’ombra della’ Ghost Gun’
Pennsylvania – Un panino, una bibita e una pistola stampata in 3D nello zaino. È finita così, tra i tavolini di plastica di un McDonald’s di Altoona, la fuga dell’uomo più ricercato d’America. Oggi, a un anno di distanza da quel dicembre di sangue a Manhattan, il tribunale ha reso pubblico il video integrale ripreso dalla bodycam degli agenti.
Le immagini dell’arresto di Luigi Mangione, sospettato nell’omicidio di Brian Thompson, non mostrano una sparatoria, ma qualcosa di psicologicamente più teso: il crollo di un castello di bugie.
Il bluff in diretta: “Non sono io”
Nel filmato, appena rilasciato dalle autorità della Pennsylvania, si vede un agente avvicinarsi al tavolo. Mangione è calmo, fin troppo. Abbassa la mascherina chirurgica – un dettaglio che aveva insospettito i clienti, dato che nessuno la indossava più – e gioca la sua carta disperata. “Mi chiamo Mark Rosario”, dice con voce ferma. Ma la tecnologia e l’intuito umano lo tradiscono in pochi secondi. Un dipendente del fast food lo aveva già segnalato: “Quel ragazzo somiglia a quello del telegiornale”. Quando gli agenti chiedono un documento, il bluff si sgretola. Mangione non ha documenti di “Mark Rosario”. Ha solo la faccia di chi sa di essere in trappola.
La battaglia legale di oggi: “Quello zaino è intoccabile”
Se il video è la prova scenica, la vera guerra si combatte ora sulle carte bollate. La notizia dell’ultima ora riguarda la strategia della difesa, che proprio stamattina ha depositato una mozione aggressiva per invalidare il contenuto dello zaino sequestrato. Gli avvocati di Mangione sostengono che la polizia abbia aperto la borsa prima di avere un mandato formale, violando il Quarto Emendamento.
Perché tanta paura di quello zaino? Perché dentro non c’erano solo vestiti. I procuratori hanno confermato la presenza di una “Ghost Gun”, una pistola assemblata con parti stampate in 3D, priva di numero di serie, compatibile con i bossoli trovati sul luogo dell’esecuzione di Thompson a New York.
Il “Manifesto” contro le assicurazioni
Ma c’è di più. Oltre all’arma, nello zaino che la difesa vorrebbe “cancellare” dal processo, è stato trovato un documento manoscritto. Una sorta di “manifesto” in cui l’autore esprimeva rabbia contro il sistema delle assicurazioni sanitarie americane, di cui Brian Thompson (CEO di UnitedHealthcare) era il volto simbolo. Se il giudice dovesse accogliere la richiesta della difesa di escludere lo zaino per vizio di forma, l’accusa perderebbe l’arma del delitto e il movente scritto nero su bianco.
Un caffè amaro
L’arresto di Luigi Mangione, sospettato nell’omicidio di Brian Thompson, resta un caso di studio. Un giovane di buona famiglia, ex studente brillante, finito a mangiare in un fast food di provincia con l’accusa di aver giustiziato un top manager a sangue freddo. Il video della bodycam ci restituisce l’immagine di un ragazzo qualunque, che per un attimo ha pensato di poter ingannare il mondo dicendo di chiamarsi Mark. Non ha funzionato.







