Russia fuori, Israele dentro: i morti hanno passaporti diversi?
Vienna – Parliamoci chiaro, senza giri di parole. C’è una puzza di ipocrisia che arriva fino al soffitto. Vi ricordate del 2022? I carri armati della Russia entrano in Ucraina. Il mondo si ferma. L’EBU (quelli che organizzano il baraccone) ci mette meno di 24 ore a decidere: Russia fuori. Cacciata. Bandita. La motivazione ufficiale? “La partecipazione della Russia porterebbe discredito alla competizione.”
Applausi. Giusto. La musica non si macchia di sangue. Ma oggi? Siamo nel 2026. A Gaza le macerie sono montagne; i civili morti non si contano più. Eppure, per l’EBU, Israele va bene. Israele può cantare. “Ci sono le garanzie”, dicono. Balle. È una vergogna che grida vendetta. Due pesi e due misure che hanno trasformato l’Eurovision in una farsa politica. Se le bombe russe “portano discredito”, quelle su Gaza cosa portano? Coriandoli?
Ritiro paesi Eurovision 2026: La rivolta della dignità
Ed è proprio per questo schifo che è scattato il ritiro dei paesi dall’Eurovision 2026. Non è un capriccio, è l’unica risposta possibile a questa presa in giro. Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia non sono “antisemiti”; sono stanchi di essere presi per i fondelli.
La Spagna (RTVE) ha sbattuto la porta perché non puoi cantare Fiesta mentre il mondo guarda un massacro in diretta tv.
L’Irlanda è stata l’unica ad avere il coraggio di dirlo: “Spaventosa perdita di vite umane”. Hanno detto quello che l’EBU finge di non vedere.
La Germania e il muro dell’ipocrisia
E chi difende questa scelta assurda? La Germania. Il cancelliere Merz ha detto: “Se esce Israele, usciamo noi”. Eccolo lì, il ricatto politico. L’Eurovision, che si vanta di essere “apolitico” e “per la pace”, si è piegato alle logiche di potere più becere.
Nel 2022 eravamo tutti d’accordo: l’aggressore non gioca. Nel 2026, l’aggressore non solo gioca, ma viene protetto. Se la Russia è il cattivo da isolare, perché Israele è l’ospite d’onore nonostante le condanne internazionali?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un palco a Vienna che sarà mezzo vuoto. Svezia e Finlandia ci stanno pensando; Belgio e Islanda sono sulla porta. Se l’EBU voleva salvare la faccia, l’ha persa definitivamente. Hanno dimostrato che per loro i morti non sono tutti uguali. E se la musica accetta questo, allora è meglio spegnere il microfono.







