Addio al “Tenaglia”, l’uomo che portava a spasso i nemici in macchina
Latisana (Udine) – Morte di Lorenzo Buffon, tre parole che pesano come macigni sullo stomaco di chi ama il calcio, quello vero, quello che puzzava di fango e linimento. Se n’è andato a 93 anni, quasi 94, portandosi via un pezzo di storia che oggi, in questo mondo di viziati e figurine social, non esiste più. Balle. Non ne fanno più di uomini così.
Era il marito di Loredana, il pittore di fiori e paesaggi del Tagliamento, ma per noi resterà sempre il gigante tra i pali. Quello che Ricardo Zamora, il dio dei portieri, guardava con invidia dicendo: “Vorrei un figlio come lui”. Capito? Mica roba da poco.
Un gelato ha steso Nordahl? Roba da matti
L’ultima volta che ha parlato, Lorenzo ci ha regalato perle che brillano in mezzo al nulla cosmico delle interviste odierne. Raccontava della prima Coppa dei Campioni, anno di grazia 1955. Il Milan perde col Saarbrucken in casa. Perché? Perché mancava il “Pompierone”, Gunnar Nordahl. E sapete perché mancava? Per un gelato. Sì, avete letto bene. Gunnarone mangiava come un lupo, vestiva leggero perché era svedese e si è beccato una dissenteria fulminante. Mamma mia. Oggi i giocatori si fermano per un’unghia incarnita, allora un bomber da 200 gol veniva messo KO da un cono alla crema troppo grande. Fantastico.
Buffon rideva ricordando quei momenti. Rideva di un calcio dove, dopo aver preso quattro pere dal Real Madrid di Di Stefano e Gento (fenomeni veri, non ologrammi), ti rimboccavi le maniche e vincevi lo scudetto l’anno dopo. “I conti si fanno alla fine”, diceva pensando a Maignan. Parole sante.
Morte di Lorenzo Buffon: I segreti di Yashin e l’amicizia con “Veleno”
La Morte di Lorenzo Buffon ci lascia orfani di aneddoti che sembrano film. Prendete i derby. Oggi si accoltellano sui social. Lui? Lui dava i passaggi a casa a Benito “Veleno” Lorenzi, l’interista più carogna della storia (detto con affetto, eh). Si allenavano insieme all’Arena, poi Lorenzo lo caricava in auto fino a Porta Genova. Una volta un vigile li ferma: “Lei è in multa”. “Perché?”. “Perché ha un interista in macchina”. Geniale. C’era sfottò, c’era rivalità, ma c’era rispetto. Uomini, dannazione. Non primedonne.
E poi c’era l’amicizia con Lev Yashin, il Ragno Nero. Fu il russo a svelargli il trucco per le partite in notturna: ombretto nero sotto gli occhi per non farsi abbagliare dai riflettori. Lorenzo lo fece. E parò tutto. Altro che occhiali polarizzati e tecnologie spaziali. Bastava un po’ di trucco e tanto fegato.
Se ne va così, in silenzio, dopo aver fatto l’elettrocardiogramma per rinnovare la patente perché gli piaceva ancora guidare. Voleva vivere fino all’ultimo secondo. È stato lo zio alla lontana di Gigi, ma prima di tutti c’è stato lui. Lorenzo il Magnifico. Il ragazzo più felice del mondo che a vent’anni giocava contro il Real. Ora insegna agli angeli come si esce in presa alta senza paura di farsi male. Buon viaggio, numero uno. Ci mancherai come manca l’aria.






